Lo spettacolo ha visto il suo debutto nel 2015 al Teatro Cavallerizza di Reggio Emilia, seguito da diverse repliche nel territorio.“ARGO 1943”, il CD contenente le musiche originali composte per lo spettacolo da Carlo Baja Guarienti, pubblicato nel 2016 con la Eibon Records, è stato nominato Miglior CD dell’anno
APPROFONDIMENTI
Titolo: Le Mosche
Autore: Jean-Paul Sartre
Regia di: Ilaria Carmeli
Musiche originali di: Carlo Baja Guarienti
Coreografie di: Elisa Davoli
Art Design e proiezioni a cura di: Martino Pompili e Claudia Torricelli
Costumi di: Daria Losapio
Il coinvolgimento di varie discipline artistiche crea uno spettacolo sfaccettato e dinamico e di fortissimo impatto, e ha permesso di mettere in luce i molti aspetti di questo ricchissimo testo.
I costumi: Studiati appositamente per fondere l’antichità della vicenda con il contesto tematico moderno e quindi via libera a pepli in materiali plastici, body painting e fogge che ricordano il futurismo.
Le proiezioni: hanno permesso di dare vita all’immaginario e alle visioni del popolo di Argo, dagli incubi più angosciosi agli spiragli di speranza. Il reparto grafico si è occupato di creare una vera e propria “simbologia di regime” per i despoti argivi, che richiamasse e fondesse l’iconografia di varie dittature -come quella Nazista e quella Stalinista-.
Per finire, lo spettacolo è interamente percorso da musica o da suoni, come quello quasi incessante delle tediose mosche: la scelta ha permesso di enfatizzare ogni momento del dramma, compresi i momenti di silenzio assoluto, che diventano in questo modo una sorta di anomalia e prendono una insolita densità.
La colonna sonora originale composta da Carlo Baja Guarienti è stata inoltre pubblicata singolarmente nel cd “Argo 1943” dalla casa discografica Eibon Records.
Spazi: la realizzazione di questo spettacolo necessita di un area performativa piuttosto ampia (teatro o arena esterna) dotata di impianto luci, superficie per proiezioni e impianto audio con supporto per diversi radiomicrofoni.
TRAMA – PRESENTAZIONE
Il dramma di Sartre ci parla dell’orrore generato da una dittatura, qualunque essa sia. L’allestimento,
che ha debuttato nel 2012, vedeva in scena 50 artisti, tra attori, danzatrici e figuranti.
Dalla rappresentazione nel Teatro Cavallerizza di Reggio Emilia in poi, lo spettacolo è stato corredato
da proiezioni e da una nuova colonna sonora, da cui è stato tratto un cd “Argo 1943” di Carlo Baja
Guarienti, etichetta Eibon records, che ha vinto numerosi premi a livello europeo.
Dopo l’assassinio del re Agamennone, la regina Clitennestra e il suo amante Egisto regnano su Argo
soggiogandone gli abitanti, con il ricatto morale di essere stati complici del delitto. Da quel momento la
città è diventata un mucchio di case desolate, che si rosolano sotto un sole soffocante, abitate da
gente nero vestita oppressa dai sensi di colpa.
Oreste, figlio di Agamennone e Clitennestra, esiliato a tre anni, arriva ad Argo nel giorno della Festa dei
Morti: una macabra celebrazione in cui i fantasmi “risalgono dall’inferno e si spargono per la città per
tormentare i vivi”. Il giovane, sotto mentite spoglie, scopre così con amarezza che Argo è una città
orribile invasa da milioni di mosche (moderna trasposizione delle Erinni, le dee infernali del rimorso),
l’assassino di suo padre regna ancora e sua sorella Elettra, tenuta a palazzo come schiava, aspetta
maniacalmente il suo ritorno per compiere una sanguinosa vendetta.
Davanti a questo “Amleto ante litteram” si presentano due strade: fuggire lontano, lasciando la sua
città e la sua stirpe in balia di una vita avvilente, o “prendere le armi contro di essa” e compiere l’atto
estremo, uccidendo gli usurpatori.
La vicenda narrata da J.P. Sartre è quella dell’Orestea di Eschilo (più precisamente di “Coefore”), ma
rivista con un’ottica più moderna e fortemente esistenzialista. Chiave indispensabile, per comprendere
a pieno l’opera, è il contesto in cui è stata scritta: il 1943 a Parigi. Nel pieno della seconda guerra
mondiale, mentre due terzi della Francia sono sotto il controllo del governo collaborazionista di Vichy, i
cittadini assistono inermi e il clero pare connivente, Sartre mette in scena un’opera in cui al centro di
tutto c’è la libertà dell’uomo, i dittatori vengono smascherati nella loro reale debolezza e il destino
finale della gente dipende interamente dalle loro scelte e dalla loro coscienza. I temi sono di
un’attualità incredibile, il linguaggio è moderno e la fusione tra storia antica e recente aumenta la
potenza evocativa del testo.
La produzione ha visto coinvolte, oltre ad attori e danzatori, numerose maestranze tra cui, scultori, videoartisti, grafici, costumisti, e musicisti.
Il coinvolgimento di varie discipline artistiche ha dato vita ad uno spettacolo sfaccettato, dinamico e di fortissimo impatto. I costumi sono stati studiati per fondere l’antichità della vicenda con il contesto tematico moderno. Le proiezioni danno vita alle visioni evocate dal re, da Elettra e dallo stesso Giove.
Ovunque spicca la “simbologia di regime” dei despoti argivi, che richiama l’iconografia di varie dittature (come quella Nazista e quella Stalinista). Lo spettacolo è interamente percorso da musica e suoni, come quello quasi incessante delle tediose mosche: la scelta ha permesso di enfatizzare ogni momento del dramma, compresi i momenti di silenzio assoluto, che diventano in questo modo una sorta di anomalia e prendono una insolita densità.